giovedì 20 febbraio 2014

Dal romanzo che ho intitolato "Eroe", e dalla Vita:





Prima di morire, Ardi ricordò quando era solo un cucciolo di quella specie che adesso chiamava “uomo”.
Era forte, vivace, desideroso sempre di sfidare qualcuno o qualcosa.
Già allora i suoi genitori intuivano il carattere che sarebbe sbocciato da adulto.
Crescendo teneva a bada i problemi che la vita gli poneva davanti.
Forte e robusto, sicuro delle proprie facoltà e col vago ma persistente presentimento che quello non era tutto, che c’era qualcosa oltre la dimensione abituale della sua esistenza.
Quando fu ormai abbastanza coraggioso da mollare la propria famiglia, s’imbarcò nell’esplorazione di quel vasto ecosistema che i più chiamavano “mondo”.
Di avventura in avventura, giunse a scoprire che ogni traguardo, ogni raggiungimento, conteneva in sé il germe per un’ulteriore acquisizione.
Gli parve, impegnandosi così, che non sarebbe mai pervenuto a una fine.
Quanto c’era di realistico nella propria ricerca, e quanto invece d’illusorio?
Chi avrebbe mai potuto asserire che un continuo cercare avrebbe dato più frutti che assettarsi davanti a un fiume, a osservarne le acque?
Gradualmente, ma inesorabilmente, la fiducia nella propria avventura scemò.
Gli anni erano trascorsi senza che fosse mai pervenuto a uno stato d’animo di completo appagamento.
Si arrese; un bel giorno abbandonò lo zaino che recava con sé dall’epoca della prima giovinezza.
Erano trascorsi quindici anni: i suoi amici, i parenti, tutti avevano deciso di realizzarsi restando in un posto.
Cosa riservava per lui quella forza misteriosa e trascendente chiamata Destino?
Sedette.
Osservò le acque, placide, del porto.
Era giunto lì, come sempre, spinto da un’illusione.
Quella sera il liquido olezzoso gli parve ancora più scuro.
Sorrise: forse, infine, aveva compreso.
Non era lui a cercare, era il mondo che, dietro l’aura gravida di promesse, celava il suo più riposto segreto: la ricerca, qualunque ricerca, ha significato solo per il suo cercatore.