sabato 7 giugno 2014


«Nella conoscenza tradizionale, quella che si riallaccia ai Santi Misteri occidentali e alla Sacra Tradizione dei Veda-Upaniṣad (per citare due Rami dell'unica Fonte), l'aspetto teorico e quello pratico realizzativo sono sempre collegati e compresenti. La filosofia, quale espressione di tale conoscenza, si svolge quindi su un doppio binario capace di dare alla figura del Filosofo e Conoscitore tradizionale la sua peculiare caratteristica: quella di prospettare una "visione" e di incarnarla.
Di solito si dice che il pensiero di un filosofo dianoetico ha un suo sviluppo o evoluzione nel senso che il suo pensiero viene man mano maturando e strutturando fino a giungere alla sua espressione più completa. A volte tale sviluppo avviene anche con ripiegamenti, ripensamenti e perfino impliciti disconoscimenti di passi precedenti. Ma questo non avviene nel caso del Conoscitore tradizionale in quanto, possiamo dire, egli appare sulla scena del mondo già con una completa visione conoscitiva. E non può che essere così dal momento che egli ha "visto", con l'occhio della coscienza, la Verità nella sua interezza e nella sua unità.
Parmenide, Platone, Plotino, Gauḍapāda, Śaṅkara, ecc. hanno proposto fin dall'inizio la conoscenza con la certezza di chi, appunto, ha "visto". Nei loro scritti non ci sono fasi, sviluppi, maturazioni, ma la costante e immutata esposizione di quella visione da molteplici angolature. E ciò che più conta, quella visione è portata in atto, vissuta consapevolmente, per cui possiamo dire di questi grandi che essi sono stati Maestri non solo di conoscenza ma anche di vita.»