IL "KEN", E LA TRISTEZZA
Notavo, leggendo i testi che un mio amico mi ha sottoposto per un parere, destinati a una mostra su Hokuto no Ken (Ken il guerriero in Italia), che si terrà a fine mese a Lucca Comics - il più grande festival del fumetto della penisola -, che il messaggio alla base dell'intera opera: manga, animazioni, romanzo - considerata da fan e media violentissima -, è racchiuso
nel valore e nella forza conferiti dal sentimento di tristezza di chi accoglie il dolore dentro di sé, e non lo rifiuta, non lo trasforma in senso di rivalsa nei confronti degli altri.
La tristezza di chi accoglie in sé anche il dolore di questi ultimi, del prossimo, se ne fa carico, e lo trasforma in forza per lottare.
Giungendo così progressivamente a conoscere e a praticare l'amore, seppure - è il caso dell'eroe dell'opera - continuando a combattere duramente.
Nel decimo capitolo del romanzo (Hokuto no Ken: Jubaku no Machi) è scritto con chiarezza:
«La spinta che alimenta il "ken" [il pugno, NdA] non è l'ambizione. Il "ken" che si allena con l'ambizione ha un limite. La tristezza che si impadronisce dell'uomo costruisce il vero "ken"».
O, per parafrasare un recente film di Mike Binder - Man About Town (Il diario di Jack in Italia):
l'Ego può condurci solo fino a un certo punto.
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